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Atti del X Convegno "Randevò a la Vila"

S. Sebastiano Da Po, 23 e 24 Settembre 2005


Pozzi e derivazioni delle acque tra Torinese e Astigiano, dal Settecento al Novecento

Il Rio Freidano, roggia modificata dall'uomo a Settimo Torinese
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Il Rio Freidano, roggia modificata dall'uomo a Settimo Torinese

Un canale tra i campi a Carmagnola
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Un canale tra i campi a Carmagnola

La Presa del Canale Cavour a Chivasso
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La Presa del Canale Cavour a Chivasso

Francesco De Caria *

Fondamentale per la comprensione della struttura del territorio antropizzato e dei fenomeni economici e storici è il tema dell’acqua, cui del resto sotto vari aspetti il Rendez-vous si è già dedicato.
Dalle mappe di territori agricoli e di città, affiora la trama fitta dei canali; la toponomastica ne conserva traccia in nomi come come s-ciusa, braia, rojèt o, indirettamente in riferimento all’uso dell’acqua come forza motrice, molassi, bialéra,...
Manifattura, industria, agricoltura erano legate all’acqua come lo sono la pesca, la navigazione sui corsi maggiori e sui laghi, il traghettamento. Ricordiamo i barcé della zona di Sale alessandrino e di Alluvioni, le chiatte dei sabbiaioli; vari i sistemi di traghettamento, dalla barca, al traghèt o pòrti , chiatta mossa da un argine all’altro attraverso un verricello o a mano, lungo un cavo teso fra i due punti di attracco...
Argomento vastissimo è quello dei canali e delle bealere, sulla cui fruizione in base a ruote d’acqua archivi nobiliari come quello dei Valperga a Masino, conservano centinaia di documenti.
Le bealere potevano avere funzione irrigua per quanto riguarda l’agricoltura e industriale, forza motrice per molini, follatoi, telai (è il caso della Fabrica dij pissèt dei Türck a Pinerolo o di quella dei Remmert a Cirié), magli, segherie e via dicendo.


‘700

Dai torchi di Ignazio Soffietti esce in Torino, nel 1795 un opuscolo di 118 pagine che riguarda l’aspetto non secondario delle imposte legato alla distribuzione delle acque.
Si legge nel frontespizio: Teorie, formole e metodi raccolti per la misura dell’acqua che si estragge per via di sfori e bocchelli o fluisce entro a’ canali. Sulla terza pagina si precisa: Dissertazione intorno alla misura del coppo antico d’acqua del Piemonte con un saggio analitico sulla idrometria. Giacomo Carretto ai teorico pratici che professano l’idraulica nel Piemonte.
Quasi centoventi sono le pagine dell’opuscolo, alquanto specialistico. Si parla del coppo, che con la mina si rinviene tanto nella parlata comune quanto nei documenti: naturalmente tali misure avevano anche un evidente significato fiscale. Il trattato è ricco di formule matematiche, equazioni etc. che definiscono misure e flussi d’acqua in relazione ai bocchetti d’entrata e d’uscita nei canali.
Parigi in epoca illuministica fa da punto di riferimento e anche l’acqua viene misurata in pollici cubici di Parigi. L’acqua è erogata alzando o chiudendo una tegola; ai calcoli eseguiti su carta, seguono sperimentazioni "sul campo".
Si citano il Michelotti, i suoi calcoli basati su antiche unità di misura, dal piede alla ruota al coppo, rapportate al sistema metrico decimale, sulla torre, sui canali, sulle condutture di immissione ed emissione nelle vasche. La torre, secondo il Michelotti, dev’essere quadrata, di tre piedi di lato. Sulla faccia settentrionale si aprono tre fori di 8 pollici di lato, il più basso dei quali è a livello del fondo del lago. All’imbocco e allo sfocio nella vasca vi sono incastri in guisa di portine, per chiudere, aprire e regolare il flusso dell’acqua. Graticci rompono il corso d’acqua, che unito troppo violentemente precipiterebbe sul fondo ed urterebbe alle pareti della torre.


‘800

E’ il 1820, quando un membro di varie Accademie, che si firma M... pubblica in Torino, per i tipi della "Vedova Pomba e Figli" uno studio su La noria piemontese, macchina idraulica disegnata e descritta. La dedica del lavoro è All’ombra del chiarissimo signor conte Freylino di Buttigliera. La noria è una sorta di macchina idraulica introdotta dai mori che se ne servono per adacquare i loro giardini, e sarebbe stata introdotta in Spagna e nell’Italia Meridionale dall’Africa settentrionale per irrigare non grandi estensioni di terreno. L’Autore dell’opuscolo afferma di aver fatto costruire sperimentalmente una noria nelle proprie tenute pianeggianti.
Non manca l’elemento "estetico", che assume connotati etici: lo spettacolo del giardino ben coltivato, dei giuochi d’acqua, nelle cascatelle ne’ moderni boschi inglesi, e de’ quali potrà esserne un nuovo adornamento construendola in un chiosco, pagoda etc. e piantandovi analoghe piante in vicinanza.
La Noria è mossa da un animale da traino cui viene applicato - ante litteram - il principio dei riflessi condizionati: per evitare che ad ogni giro un operatore debba incitarlo con una frustata - perdita di tempo e del lavoro di un uomo che potrebbe essere più utilmente impiegato - , si suggerisce di applicare un campanello che suona ad ogni giro di martinetto o di ruota; all’inizio allo squillar del campanello si darà all’animale una frustata; dopo qualche tempo, esso, all’udire il campanello, accelererà il passo e compirà un nuovo giro per timore di un nuovo colpo.
Una lettera composta dalla Compagnia costituitasi a Lione per la ricerca delle acque sotterranee è indirizzata - tramite Matteo Bonafous - agli agricoltori del Piemonte. Si tratta di undici pagine a stampa composte il 15 dicembre 1829. Il documento è a firma di Faucille, l’un des directeurs de la Compagnie. Esordisce con l’esaltazione dei vantaggi che Agricoltura e Industria possono trarre dall’introduzione del sistema dei pozzi artesiani negli Stati del Re di Sardegna, dove evidentemente allora non era ancora usato.
In seguito alla richiesta di chi fosse interessato ad applicare il sistema, incaricati della Compagnia effettueranno sopralluoghi. Verificata la fattibilità dell’impresa, una squadra composta da un capooperaio, due operai e fornita d’un apparecchio effettuerà lo scavo. Trentacinque franchi ogni giornata di undici ore di lavoro è il costo dell’opera, con un anticipo del 40% sulla spesa totale prevista. Non sono costi bassi, ma tutto sarà ampiamente compensato dai vantaggi che la comunità potrà trarre. Ci si appella anche all’aspetto etico: sarà possibile fornire acqua alle zone che vedono mortificata la produzione agricola, come sarà possibile rendere abitabili e coltivabili territori che dispongono solo di acque malsane. Un pozzo profondo sino a nove metri richiede un paio di mesi di lavoro. Lo scritto si conclude con la speranza e l’augurio che il Piemonte voglia prendere in considerazione questi strumenti di ammodernamento della produzione agricola, che permettono uno sfruttamento di vaste aree di per sé siccitose, perché prive di acque superficiali. L’attenzione dell’Aristocrazia piemontese coinvolta anche come proprietaria di grandi tenute agricole ai problemi dell’irrigazione è comprovata dall’esistenza di varie Accademie e Società nelle quali si esaminavano le "novità" provenienti dall’Estero o si lanciavano nuovi progetti per il miglioramento della produzione agricola e zootecnica. Riguardo al tema dell’acqua il marchese Lascaris di Ventimiglia, direttore della Reale Società Agraria di Torino, relaziona il 9 gennaio 1830 Sui fontanili. La dimensione "filosofica" che guidava questi aristocratici studiosi è comprovata dalla considerazione che L’acqua è il principio animatore dell’organizzazione vegetale, come il sangue lo è dell’organizzazione animale, preposta allo scritto. A tale scritto abbiamo dedicato un quaderno pubblicato a luglio dal Comune di Cortiglione d’Asti, per iniziativa di una associazione culturale cortiglionese da poco fondata, "la Bricula", cioè il pozzo a bilico.. L’opuscolo sarà recensito su "Studi Piemontesi" di dicembre.
Il fontanile è un’ampia fossa circolare, la testa, che raccoglie le acque che sgorgano in superficie; da essa, si diparte il canale che poi si diramerà per le terre da irrigare.
Nel dodicesimo fascicolo de "L’economia rurale" Giovanni Dalmasso relaziona su "Una visita ad alcune opere idrauliche del Piemonte". In fatto di idraulica agraria il Piemonte può vantare un gran numero di opere, grandiose o comunque interessanti. Le piogge sono distribuite assai poco regolarmente nella regione: scarse nei mesi estivi, abbondanti ed eccessive in qualche caso in Primavera e in Autunno. Questa irregolarità ha suggerito l’idea di raccogliere le acque nella stagione piovosa in cisterne o in fosse di terra. Soprattutto nelle zone di Poirino e di Pralormo è diffusa questa pratica. Il più grande di tali serbatoi è il lago della Spina, presso Pralormo, costruito sbarrando una valletta con una diga in terra di duecento metri di lunghezza e alta 23; la base è molto larga, ed è rastremata alla sommità. Progettata nel 1827 dal Barabino l’opera fu realizzata nel 1835. Essa è costituita da un’alta torre in muratura che comunica con un canale di deflusso. Il deflusso dell’acqua viene regolato da grandi dischi di ghisa sovrapposti alzati o abbassati da una gru posta sulla sommità; questo sistema consente di far defluire l’acqua di superficie del bacino, più calda e quindi più indicata per l’irrigazione. Il deflusso dell’acqua da una fossa artificiale può essere regolato anche mediante un semplice sistema di fori sovrapposti di cui si fa saltare con una mazza il "tappo" che ostruisce ciascun foro: l’acqua che fuoriesce è incanalata e diretta ai fondi da irrigare. Il lago artificiale gestito dalla società di irrigazione di Pralormo e Poirino, dà un canone annuale di circa sessanta lire all’ettaro, corrispondente a circa 24 lire a "giornata". Fra l’altro è interessante nel documento coesistenza dei due sistemi di misurazione, quello "scientifico" e ufficiale e quello diffuso nel mondo contadino e che tutti conoscono ancor oggi, che procede per giornate e frazioni di giornata (sté, lo staio).
Nella stessa zona - ricca di queste opere, continua l’articolista - si incontra il bacino artificiale del lago di Tanavasso. Ancora una volta è una tenuta agricola di famiglia nobiliare a offrire spunto per la riflessione su opere idrauliche di grande portata. Il lago di Tanavasso infatti è nell’ambito della vasta tenuta della Marchesa Saint’André di Villamarina nel territorio di Poirino, a circa 9 chilometri a Sud del paese.
I vantaggi sono notevoli per l’azienda o le aziende che si possono servire di tale sistema di approvvigionamento idrico. Infatti si è calcolato che la superficie irrigata è di dodici o quindici volte quella del bacino. Non solo, ma i bacini possono essere impiegati anche come vasche di allevamento di tinche, che danno un discreto guadagno.
Ad Arignano, a sette chilometri da Chieri, vi è uno di questo serbatoi dell’estensione di 30 are, profondo dai sette agli otto metri. Fu costruito nel 1838 nel territorio del conte di Trinità ostruendo una depressione in cui confluiscono le acque da due vallette. Oltre che da bacino idrico, ha la funzione esornativa: al centro si è allestito un isolotto ricco di vegetazione. L’apparecchio di presa è semplicissimo, un tubo di rame in cui confluisce l’acqua di superficie, col vantaggio di fornire acqua a temperatura ambiente.


‘900

Nel Novecento, a differenza dei secoli precedenti, la ricerca tecnologica può rivolgersi anche a fasce di piccoli imprenditori agricoli di estrazione relativamente umile, che la scuola ha alfabetizzato.
Nel numero di metà gennaio del 1909 de "L’agricoltura italiana" si riporta un articolo in cui si illustrano i vantaggi di un nuovo apparecchio che non permette l’immissione delle acque piovane nelle cisterne, se non quando siano scevre da ogni impurità proveniente dai tetti. Il sistema di filtraggio, consueto invero, consiste in un pozzetto riempito di ghiaia, che fa da filtro all’acqua che scende dalle falde del tetto, per mezzo della grondaia e in breve tempo tale materiale filtrante è saturo di fogliame e di altri resti organici che inevitabilmente si raccolgono fra i coppi.
Sistema di raccolta delle acque diffuso è quello di sollevare meccanicamente l’acqua dal livello naturale al livello dei campi da adacquare. Fra gli esempi più significativi riportati dall’articolo che stiamo esaminando vi è il lago di Cigliano, nel circondario di Ivrea.
L’officina idraulica di Villareggia è fornita di otto pompe che sollevano milletrecento litri di acqua al minuto, acqua che attraverso tubi di ghisa va ad alimentare il canale consorziale di Cigliano lungo 12 chilometri. In questo caso vi sono duemila consorziati, proprietari delle quattromila giornate di terreno agricolo adacquato con quel sistema. Interessante anche la pianificazione dei periodi di fornitura delle acque, per evitare sprechi: da maggio a settembre l’acqua è fornita per dodici giorni e mezzo al mese, con un’erogazione di cento litri al secondo, che è il modulo italiano.
Anche in questo caso la dimensione privata viene posta in enfasi: si tratta di un impianto dei poderi della famiglia Perotti; la roggia del Molino produce l’energia elettrica necessaria alla proprietà. Ma si può ricorrere ad un impianto mobile, una dinamo piazzata su un carro trainato da buoi, trasportato dove scorra un canale in grado di metterlo in funzione.
L’immagine della dinamo trasportata da un carro agricolo trainato da una coppia di buoi ci pare quanto mai sintomatica di un periodo di passaggio dalla portata epocale, preannuncio dei ritmi sempre più accelerati con cui il "secolo breve" ha compiuto il proprio cammino.


* Francesco De Caria ha illustrato altri suoi studi e ricerche nelle precedenti edizioni del Randevò. Ricordiamo fra gli altri: La presenza di Vittorio Amedeo II fra Verrua e Chivasso nella guerra di Secessione spagnola; La "Società pastorale" settecentesca alla Regia mandria di Chivasso; Il periodo monferrino di S. Sebastiano nei documenti dell’A.S. di Torino; Culto di Santi a San Sebastiano; Tracce antiche nel territorio di S. Sebastiano e qualche considerazione sulle fonti della indagine storiografica locale; Pedaggi sul Po: merci in attraversamento a Sparvara e Cambiò a metà Settecento. Diritti dotali ed eredità nel luogo di Sale alessandrino.